venerdì 27 gennaio 2012

Anima Mundi

L'Anima del mondo (meglio nota in latino come Anima Mundi) è un termine filosofico usato dai platonici per indicare la vitalità della natura nella sua totalità, assimilata a un unico organismo vivente. Rappresenta il principio unificante da cui prendono forma i singoli organismi, i quali, pur articolandosi e differenziandosi ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una tale comune Anima universale.
Anima mundi Da wikipedia l'enciclopedia libera. 



Raffigurazione dell'Anima Mundi 
secondo l'astrologia rinascimentale

« L'Anima del Mondo è un'energia naturale degli esseri per cui alcuni hanno soltanto la capacità di muoversi, altri di crescere, altri di percepire attraverso i sensi, altri di giudicare. Ci si chiede cosa sia quell'energia. Ma, come mi sembra, quell'energia naturale è lo Spirito Santo, cioè una divina e benigna armonia che è ciò da cui tutte le realtà hanno l'essere, il muoversi, il crescere, il sentire, il vivere, il giudicare. »

La terra è viva

The earth is alive Da wikipedia l'enciclopedia libera. 

La Terra è viva: respira, ha coscienza, empatizza.

Gea o Gaia (in greco attico Γῆ, in greco ionico Γαῖα) nella mitologia greca è il Titano femmina che impersona la Terra, identificata nella Dea Romana Tellure.


Gea nella mitologia greca

La Teogonia di Esiodo racconta come, dopo il Caos, sorse l’immortale Gea, progenitrice degli dei dell’Olimpo. Da sola e senza congiungersi con nessuno, ella generò Urano (il cielo stellato), Ponto (le sterili profondità del mare) e le montagne. In seguito, racconta sempre Esiodo, si unì ad Urano dando alla luce i Titani Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe e Teti. Dopo di loro nacque Crono, il più giovane, furbo e terribile dei suoi figli, che prese ad odiare il suo potente padre. Esiodo parla anche della successiva progenie di Gaia ed Urano, dapprima i Ciclopi, giganti con un solo occhio: Bronte, Sterope ed Arge. Poi i tre terribili Ecatonchiri dalle cento braccia: Cotto, Briareo e Gige, ognuno dotato anche di cinquanta teste. Urano rinchiuse i Ciclopi e gli Ecatonchiri nel Tartaro, in modo che non potessero vedere la luce, rallegrandosi di quest’azione malvagia. Questo fatto fece soffrire Gaia (il Tartaro si trovava infatti nelle sue viscere), che così creò un tipo di pietra focaia grigia (Adamantina) e con questa modellò una grande falce con cui radunò Crono e i suoi fratelli, chiedendo loro di obbedirle ed aiutarla. Soltanto Crono, il più giovane, ebbe il coraggio di prendere la falce di pietra che lei aveva fatto e servirsene per evirare il padre quando si avvicinò a Gaia per accoppiarsi con lei. Dalle gocce di sangue mischiato a sperma che la colpirono, Gaia generò le forti Erinni, i Giganti, tra cui Abseo, e le Ninfe del frassino dette Melie. Il membro reciso di Urano, gettato in mare, fecondò le acque dalla cui spuma sorse Afrodite. Urano venne quindi deposto da suo figlio Crono e, nel frattempo, i Titani liberarono i Ciclopi dal Tartaro: Crono divenne il loro re ed iniziò quella che fu chiamata l’età dell’oro. Dopo che Urano venne evirato, Gaia ebbe ancora un figlio, Tifone dal Tartaro, mentre con Ponto generò le divinità marine Nereo, Taumante, Forcide, Ceto ed Euribia. Crono, però, assunse ben presto il medesimo comportamento del padre Urano e, nel timore di venire spodestato dai figli, divorò man mano che nascevano i figli partoriti dalla moglie Rea. Rea, disperata per i continui abomini compiuti dal marito, si rivolse proprio a Gea nel tentativo di salvare l'ultimo nascituro, Zeus. Gea allora consigliò alla figlia di fare ingoiare a Crono, con l'inganno, una pietra avvolta in fasce e di nascondere il piccolo Zeus presso il monte Ida, in modo tale che, una volta cresciuto, il Cronide, avesse potuto spodestare il padre a sua volta. Divenuto adulto, Zeus liberò con un farmaco dal ventre di Crono i suoi fratelli e, al loro fianco, ingaggiò con il padre una terribile battaglia che durò 10 anni, la Titanomachia. Gea, per favorire il Cronide ed ottenere la sua vendetta, consigliò a Zeus di liberare gli Ecatonchiri ed i Ciclopi, ancora imprigionati nelle sue tetre viscere, per dare una svolta decisiva al combattimento. Vinta la battaglia ed assunto il potere, Zeus punì i Titani sconfitti, gettandoli tutti nel Tartaro; atto che fece adirare Gea, la quale, furibonda per il trattamento serbato ai suoi figli, aizzò i terribili e poderosi Giganti a punire il Cronide e gli altri Olimpici, dando inizio alla guerra conosciuta come Gigantomachia. Grazie all'intervento di Eracle nello scontro, però, gli Olimpici si assicurarono la vittoria e Gea, ancora risentita, chiamò in difesa il figlio Tifone, generato in unione con il Tartaro. Anch'egli, però, dopo uno strenuo combattimento fu sconfitto e relegato in una montagna. Da quel momento in poi le terre furono condivise da tutti i fratelli di Zeus e dagli altri Olimpici.

 L'ipotesi Gaia
L'ipotesi Gaia è una teoria formulata per la prima volta dallo scienziato inglese James Lovelock nel 1979 in "Gaia. A New Look at Life on Earth".
Nella sua prima formulazione l'ipotesi Gaia, che altro non è che il nome del pianeta vivente (derivato da quello dell'omonima divinità femminile greca, nota anche col nome di Gea), si basa sull'assunto che gli oceani, i mari, l'atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all'azione degli organismi viventi, vegetali e animali. Ad esempio la temperatura, lo stato d'ossidazione, l'acidità, la salinità e altri parametri chimico-fisici fondamentali per la presenza della vita sulla terra presentano valori costanti. Questa omeostasi è l'effetto dei processi di feedback attivo svolto in maniera autonoma e inconsapevole dal biota. Inoltre tutte queste variabili non mantengono un equilibrio costante nel tempo ma evolvono in sincronia con il biota. Quindi i fenomeni evoluzionistici non riguardano solo gli organismi o l'ambiente naturale, ma l'intera Gaia.
Il sistema Gaia, che non è identificabile né con il termine biosfera, né con biota, che sono solo due elementi che la compongono, comprende invece:
  • Organismi viventi che crescono e si riproducono sfruttando ogni possibilità che l'ambiente concede.
  • Organismi soggetti alle leggi della selezione naturale darwiniana.
  • Organismi che modificano costantemente il loro ambiente chimico-fisico, cosa che avviene costantemente come semplice effetto di tutti quei processi fondamentali per la vita, come la respirazione, la fotosintesi ecc.
  • Fattori limitanti che stabiliscano i limiti superiori ed inferiori della vita. L'ambiente può presentare temperature eccessivamente alte o basse per l'affermarsi della vita in un dato ambiente. Stesso discorso per le concentrazioni di sali, minerali, composti chimici ecc.
Un fattore inquinante dell'intera Gaia sono certamente le attività e l'ambiente costruito dall'uomo, che anche se non facente parte del sistema, interagisce fortemente con esso modificando i fattori limitanti (temperatura, composti chimici ecc.).

mercoledì 18 gennaio 2012

Terre Di Fabulatia

"Queste sono le mie terre
sono nata e cresciuta qui."


Figline Valdarno l'origine del nome
Figline deriva il suo nome dal latino "Figulinae" (con evoluzione in "Fighinum", "Fegghine" ecc.) che indica una fabbrica di "figuline", un luogo dove si lavorano argille per la fabbricazione di vasi e stoviglie in terra cotta secondo un'arte della ceramica prima etrusca e poi romana, infatti sono state rinvenute diverse ceramiche risalenti ai periodi appena citati.
Medioevo
Le prime notizie sul castello di Fegghine risalgono al 1000 d.C. Tale castello si troverebbe su una collina, nella zona dell'attuale San Romolo. Gli abitanti scesero più volte nella valle sottostante e fondarono il grande forum di Figline, una sorta di mercato. Col passare degli anni, il piccolo centro aumentò di popolazione fino a diventare una piccola città oggi l'attuale Figline Valdarno.
Tra i tanti avvenimenti di quei secoli si ricorda il tentativo di Fiesole nel 1167 di trasferire la sede vescovile a Figline, in un luogo lontano dalla nemica Firenze, che si trovava in un periodo di espansione.
 
Pieve di S. Romolo a Gaville
Nel '200 ha inizio la cruenta divisione interna tra Guelfi e Ghibellini. La maggioranza degli abitanti di Fegghine era ghibellina e sosteneva Arezzo; perciò la Repubblica Fiorentina distrusse completamente il castello, obbligando gli abitanti a scendere a valle. Figline entrò quindi sotto il dominio di Firenze, di cui seguirà le sorti nei secoli successivi.
Tra il 1353 e il 1375 venne costruito l'imponente anello di mura a difesa della città, ancora visibile, anche se una buona parte è stata abbattuta. In seguito alla dominazione dei Medici si sviluppò una forma di economia strettamente legata all'agricoltura.
Dopo le stragi causate dalla peste tra la fine del '300 e l'inizio del '400, nascono nella zona del Valdarno noti filosofi: Marsilio Ficino (nato proprio a Figline nel 1433), Poggio Bracciolini, Benedetto Varchi e il pittore Masaccio.
Età moderna
Nel 1810, nel periodo in cui l'attuale Toscana era sotto il domino di Napoleone, il Regno di Francia fece venire a Figline da Parigi il celebre scienziato e naturalista Georges Cuvier. Qui aveva sede (nei locali dell'attuale convento della chiesa di San Francesco) l'Accademia Valdarnese del Poggio con biblioteca e museo, che vantava una vasta collezione di fossili e ossa raccolte nei dintorni. Tale avvenimento è ricordato su una lapide, sulla quale Cuvier annovera l'importanza dei reperti del museo. Il museo, però, si trova ora nella vicina Montevarchi, in quanto Figline era sospetta di simpatie francesi.
Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, nella frazione di Brollo la famiglia contadina dei Soffici nascose e protesse dalla deportazione due ragazzi ebrei triestini, Tullio e Aldo Melauri, sfuggiti alla deportazione dei loro genitori. Per questo loro impegno di solidarietà, il 14 novembre 1988, l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito l'alta onorificenza dei giusti tra le nazioni a Dante e Giulia Soffici e a Oreste e Marianna Soffici.